Siamo già quasi a metà marzo e io non ho ancora parlato di nessuno dei libri che ho letto in questo 2019, ho pensato quindi di fare un mega appuntamento (per numero di titoli) con gli aggiornamenti di lettura per poi ritrovare una sorta di cadenza regolare. Tra gennaio e febbraio ho portato a termine una decina di titoli (e un paio non li ho conclusi perché anche basta portare a termine i libri a ogni costo) tra cui spicca la conclusione di una saga a cui sono molto affezionata e un libro di non fiction che non riesco bene a inquadrare. Vediamo di dire qualcosa, per ora, sui libri letti a gennaio.
Dal punto di vista delle letture l’anno è iniziato malissimo. Il primo titolo che ho iniziato a leggere ma che non ho concluso è My Plain Jane di Cynthia Hand, Brodi Ashton e Jodi Meadows. Se siete lettori fissi del blog sapete che questa lettura ha ispirato un non troppo coerente episodio delle mie inutili riflessioni, se passate qui per caso lasciate che vi spieghi perché non ho ritenuto di portarlo a termine.
Jane Eyre è uno dei miei libri preferiti di sempre. Nonostante alcune interpretazioni più moderne lo ritengo un libro in cui si trova una protagonista “femminista” ante litteram, la parte più importante non è mai stata per me l’inquietante storia d’amore, bensì il desiderio della protagonista di affermarsi come essere umano, il voler dimostrare di avere pari dignità con gli altri a prescindere dalla condizione economica e sociale (e dal suo essere donna).
Inoltre, anche se solo al liceo, ho studiato letteratura inglese e conosco la figura delle sorelle Brontë, in questo caso particolare quella di Charlotte. Ed è cosa risaputa che la buona e sfortunata Charlotte Brontë non provasse alcuna simpatia per Jane Austen e tantomeno per il suo universalmente riconosciuto capolavoro ovvero Orgoglio e Pregiudizio. Partendo da questi presupposti, mi è risultato inaccettabile un libro in cui è presente una versione di Charlotte che è a un passo dall’essere una fangirl di Mr.Darcy. Probabilmente in molti lo avranno trovato divertente, io ci ho visto un segno di mancata ricerca alla base e la mia sospensione dell’incredulità non ha retto.
Come potrete ben capire, senza voto. Io non lo consiglio però se vi interessa provate con i vostri occhi.
Tolto sto peso (perché l’altro libro che non ho portato a termine è un ARC e non credo di poterne parlare prima della sua uscita e non so neanche quanto ne abbia voglia, ho già lasciato il mio feedback (totalmente personale) ampiamente negativo nelle sedi opportune) passiamo a ciò che ho portato a termine.
Il primo libro che ho concluso nel 2019 è Elysium di Jennifer Marie Brisset, graditissimo regalo di Natale di Gardy (andate tutti a leggere il suo blog gerundiopresente e seguite i suoi articoli da giornalista di redcarpet sul web, è facile trovarla). Questo è un libro di fantascienza e al contempo è una grande storia d’amore. Tutto ciò che accade ruota a questo amore che va oltre il tempo, lo spazio, le figure, la sessualità, i rapporti. C’è un inizio normale, apparentemente banale, una donna è per strada e rimane ferita perché distratta da un qualcosa che non dovrebbe trovarsi in quel punto, improvvisamente qualcosa cambia e ci si chiede se non si sia letta male qualche pagina precedente. Pian piano i cambiamenti diventano più evidenti, più repentini, ci si chiede se non si stiano seguendo infinite storie di infiniti personaggi uniti da un nome simile, poi tutti i pezzi del puzzle vanno al loro posto e si capisce il perché.
Credo di aver detto anche troppo, quindi mi fermo qua. I lettori più attenti, e conoscitori della storia antica potranno capire i riferimenti sempre più palesi a figure ben precise della storia della Roma imperiale.
A conti fatti il libro mi è piaciuto molto, nonostante il senso iniziale di spaesamento ma, anche in questo caso, non me la sento di consigliarlo senza riserve (so quante persone hanno questa presunta allergia alla fantascienza che sembra assolutamente incurabile) perché non mi sembra il titolo con cui avvicinarsi alla fantascienza come genere letterario. Se, invece, bazzicate nell’ambiente allora dategli uno sguardo (anche più di uno).
Ho letto poi Gli scomparsi di Chiardiluna di Christelle Dabos, secondo volume della saga dell’Attraversaspecchi, edita in Italia da Edizioni E/O. Cosa posso dire di un seguito? Sulla trama direi nulla. Possiamo dire che la Dabos ingrandisce il mondo nel quale si svolge la vicenda, introduce un aspetto molto interessante che inizialmente sembra essere scollegato dalla vicende dei nostri protagonisti (e che noi lettori dovremmo capire al primo sguardo che si tratterà invece di qualcosa di estremamente importante per non dire fondamentale) e cerca di rendere la sua protagonista un agente attivo della storia, più che un personaggio estremamente goffo trascinato dal eventi un po’ ovunque. Su questo punto ho letto diverse critiche, molti hanno interpretato l’imbarazzante goffaggine di Ofelia (e no, la storia dei nomi tradotti in italiano ancora non mi è andata giù ma facciamo finta di niente) come un tratto caratteriale inserito dall’autrice giusto per renderla più simpatica; la mia interpretazione è differente: Ofelia non è nata così, è rimasta incastrata in uno specchio quindi la sua è una sorta di incapacità di controllo del suo corpo che rimanendo tra due specchi era come spezzato e diviso. Non che questo renda meno pesanti alcuni momenti in cui questa goffaggine è fin troppo ma trovo che almeno non sbuchi dal nulla.
Per il resto rimango in attesa del terzo volume, avevo pensato di leggerlo in francese ma dato che il quarto non uscirà in francese prima del 2020 (parole testuali dell’autrice sul suo sito se conoscete il francese qui) posso attendere il terzo volume in italiano e poi si vedrà.
Io vi consiglio, se siete amanti del fantasy o anche solo di Harry Potter, di dargli una possibilità, ovviamente ricordatevi di iniziare da I fidanzati dell’inverno.
Rimaniamo nel fantasy ma spostiamoci in Russia e da un secondo volume di una serie andiamo a quello finale (sigh) di una trilogia che a me è piaciuta veramente tanto; sto parlando di The Winter of the Witch di Katherine Arden, volume conclusivo della Winternight Trilogy il cui primo volume sarà pubblicato nei prossimi giorni da Fanucci col titolo L’orso e l’usignolo.
Se già posso dire poco di un libro che non sia il primo di una serie, cosa potrò mai dire di un finale ed evitare gli spoiler?
La risposta la sappiamo benissimo ed è assolutamente nulla. Potrei stare qui a dire che mi è piaciuto tantissimo, che durante la lettura i colpi al cuore sono stati a profusione e sin dalle prime frenetiche pagine o addirittura fare la fangirl su Morodzko (e Vasya) ma credo che questo approccio sia del tutto inutile quindi mi limiterò a esprimere il mio apprezzamento per il grande lavoro di ricerca storica e folkloristica che l’autrice ha messo in atto che ha reso alla storia solidità e credibilità nonostante il crescente apporto degli elementi fantastici. Se avessi conosciuto meglio la storia della Russia avrei potuto intuire come alcuni nodi si sarebbero risolti ma forse, il fatto di arrivare “preparata”, avrebbe reso meno poetica la risoluzione stessa.
Anche se sono rimasta soddisfatta dal finale della serie devo ammettere che mi mancheranno tutti i personaggi, soprattutto il “mio” demone del gelo e personificazione dell’inverno, dai neri capelli e gli occhi blu come il ghiaccio.
Vi consiglio vivamente di dare un’opportunità a questa serie, magari provate a prendere l’ebook, sperando che la traduzione italiana sia di buon livello e che ci sia un opportuno apparato di spiegazioni sui molti elementi del folklore e della storia russa.
Rimanendo in Russia ho letto anche la versione di Puškin di una storia che, almeno per sentito dire, conosciamo tutti ovvero quella di Don Giovanni. Nel caso dello scrittore e drammaturgo russo la storia prende il nome di L’ospite di pietra – l’invito a morte di Don Giovanni. Non ho molto da dire sulla storia, in realtà ho comprato il libro insieme a un altro per avere il plaid del lettore (sì, vittima del marketing anche in questo 2019, ma un plaid mi serviva e questi che Feltrinelli fornisce con i suoi libri sono abbastanza caldi) e l’ho scelto perché ha il testo russo a fronte e io ho studiato russo tempo fa e magari riesco a capirci qualcosa (spoiler, praticamente nulla però mi ricordo ancora tutte le lettere anche se a leggere faccio letteralmente pena). Puškin modifica la storia del grande seduttore spagnolo per rendere in qualche modo autobiografica ma non libera il Don Giovanni per eccellenza dalla sua sorte tragica, egli si macchia di un peccato da sempre considerato grave e si fa beffe del dolore che ha causato e, alla fine, si ritrova ad affrontare le conseguenze delle sue azioni in modo inaspettato. Che si renda conto del suo gesto o meno, il suo destino non può essere cambiato.
La morale (frivola) della storia è “selezionate bene i vostri ospiti prima di invitarli a cena, non si sa mai che sorprese possono farvi”. Quella un po’ più seria è che non si rimane impuniti in eterno, non si può sfidare la sorte pensando di riuscire sempre a batterla ed è necessario fare sempre i conti con la propria coscienza e, se non la si ha, almeno con le proprie azioni.
Ultimo libro letto a gennaio è Il sogno della macchina da cucire di Bianca Pitzorno, libro che possiedo autografato perché sono stata a Sassari alla presentazione del suo libro (presentazione che, ai tempi, avrebbe meritato un post a parte per descrivere più che altro le reazioni delle persone che si alzavano indignate perché l’autrice svelava il contenuto della storia, per lo più parlando dei primi due capitoli ma lasciandosi sfuggire qualcosa sul finale. D’altra parte la posizione dell’autrice sugli spoiler è chiara e le reazioni offese e plateali di persone ultrasessantenni le ho francamente trovate poco opportune).
Vi ho detto più e più volte di come io adorassi Bianca Pitzorno da bambina e avrei tanto voluto che mi autografasse la mia copia tutta sgangherata di Ascolta il mio cuore ma ho scoperto della presentazione all’ultimo minuto e l’unico suo libro che avevo con me qui in città era la sua ultima uscita, quindi mi sono accontentata di quello.
Anche in questa storia, la storia di emancipazione di una sartina che vede la sua vita cambiare grazie a una macchina da cucire, si possono ritrovare tutti i temi cari all’autrice: donne forti, uomini un po’ meno forti e altri buoni e coraggiosi, persone meschine e attratte solo dal vil denaro e orfanelle, esseri cattivi fino all’ultimo respiro e altri tirchi da far spavento.
Episodio dopo episodio la nostra sartina cresce, scopre il mondo e i limiti della sua posizione sociale.
La storia mi è piaciuta molto, un vero peccato per quell’epilogo così affrettato a voler mettere un punto sulla situazione, a voler dare una chiusura a tutti i costi; per la struttura della storia avrei apprezzato di più se fosse finito prima, lasciando un finale aperto, con un po’ più di spazio all’immaginazione del lettore e senza l’introduzione di una figura che alla fine è lì solo per assolvere uno scopo.
Comunque consigliato, specie per gli amanti della Pitzorno e per chi apprezza le storie di crescita e di formazione ambientante nel passato.
Direi che per ora più bastare. Avete letto qualcuno di questi titoli? Cosa ne pensate? Discutiamone insieme.
A presto con le letture di febbraio (sono state di meno, ve lo prometto) e buone letture!
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