Murderbot la macchina assassina come noi. Sarcastica e asociale.

Lo scorso mese di agosto ho avuto la possibilità di leggere in anteprima, grazie all’editore Mondadori Oscar Vault, una copia digitale della raccolta dei primi quattro romanzi brevi, gli anglofoni li definiscono novelle, della serie The Murderbot Diaries della pluripremiata scrittrice Martha Wells che proprio grazie a Murderbot ha conquistato Hugo, Locus e Nebula Award.
La raccolta italiana dal titolo Murderbot i diari della macchina assassina raccoglie le storie pubblicate tra il 2017 e il 2018 a cui è seguito un romanzo lungo uscito lo scorso mese di aprile dal titolo Network Effect e che si arricchirà nel 2021 di un sesto volume dal titolo Fugitive Telemetry.

La copia cartacea pagata da me
Quando il mio Dalek ha sentito che era in arrivo un libro su una macchina assassina era tutto emozionato, non credo però sia rimasto soddisfatto da Murderbot. Al contrario io sono più che contenta che non sia come il Dalek. Che è tornato nella sua scatola, ovviamente per la mia sicurezza.

Protagonista assoluta delle vicende è la Secunit che si autodefinisce Murderbot, una sorta di ibrido tra un robot, un cyborg, un’intelligenza artificiale formata sia da parti inorganiche che organiche, nata come unità di sicurezza per missioni di varia natura e fornita come parte integrante di un pacchetto fornito da società di assicurazioni spaziali. Il loro compito è semplice: eseguire gli ordini, non interagire se non interpellate e non fare fuori gli esseri umani che le hanno sotto contratto.
Tutte le Secunit sono fornite di modulo di controllo che la nostra protagonista, dopo un evento drammatico di cui ha solo vaghi ricordi, ha abilmente hackerato. Murderbot continua a lavorare per la compagnia pur non essendone più “schiava”, pur essendo la Secunit ribelle che invece di portare morte e distruzione decide che il suo tempo libero, e anche gran parte del tempo in cui interagisce con gli umani, a guardare serie tv.

Insomma Murderbot sceglie la via dello streaming e la usa come scudo e come scuola con una predilezione per una serie dai toni sicuramente soapoperistici dal titolo che è tutto un programma “Ascesa e declino di Sanctuary Moon”, che usa come metro di paragone per potersi interfacciare con gli esseri umano quando costretta.

Nel corso di una missione che sembra come tutte le altre conservate nell’archivio della memoria di Murderbot, almeno da quando ha hackerato il suo modulo di controllo, la Secunit scopre che non tutto il genere umano la considera alla stregua di una macchina e questo da una parte manderà in crisi le poche certezze che pensava di avere e dall’altra metterà in moto tutta la vicenda che si snoda su diversi pianeti con svariati personaggi (su cui spicca assolutamente ART, l’astronave rompiballe di trasporto) che interagiscono con la Secunit protagonista.

Il punto forte di questa raccolta è la caratterizzazione della sua protagonista, il suo essere convinta di non aver nulla a che spartire col genere umano, la sua difficoltà nell’approccio con gli esseri umani, l’evitare lo sguardo, il voler usare una corazza, la volontà di interporre una barriera tra se stessa e chi la circonda. Nel corso dei quattro romanzi brevi il lettore assisterà alla crescita di questo personaggio che, al di là del contesto spiccatamente fantascientifico e più nel preciso della space opera, mostra come la nostra definizione di umanità abbia dei paletti che la costringono.

Sicuramente la caratterizzazione di Murderbot strizza l’occhio alla platea di lettori perché presenta un personaggio con cui è facile creare empatia perché viene presentato come diverso dalla tipica definizione di umano.

Dal punto di vista del ritmo, la riuscita delle storie è altalenante con un picco qualitativo nel secondo volume. La lunghezza limitata di ogni storia va a penalizzare la fluidità di alcuni passaggi e c’è poco tempo per elaborare i fatti. Tutto questo però viene compensato dalla scrittura dell’autrice, dalla caratterizzazione dei personaggi, dalle riflessioni che la lettura lascia a chi la affronta e dalle risate e dal tono usato dalla stessa Murderbot, protagonista assolutamente inaffidabile che si tradisce quando parla con lettore e non si rende conto che più delle armi che ha impiantate nel corpo ciò che la rende veramente letale è il suo sarcasmo.

Vorrei spendere anche due parole sul lavoro del traduttore Stefano A. Cresti per come ha affrontato la questione del they/them attraverso l’uso dello schwa (scevà mi suggerisce internet), per quanto io continuassi a leggerlo come una e normale. Per una lingua come l’italiano che suddivide tutti i sostantivi per genere è un passo verso l’inclusione per quanto possa sembrarci strano/cacofonico o addirittura brutto.

In definitiva una raccolta consigliata agli amanti della fantascienza e per chi ci si vuole approcciare e apprezza i personaggi con un particolare senso dell’umorismo e tanto sarcasmo che mi ha convinta al punto di comprare il volume cartaceo, avrei già comprato pure il quinto romanzo ma purtroppo ora come ora il prezzo è proibitivo ma spero in una pubblicazione italiano anche di quest’ultimo.

 


Ebbene sì, sono tornata. Il mese di settembre mi è sembrato quello giusto per riprovarci, in realtà da luglio ho dei post che ho iniziato e spero di portare a termine. Avrei tante cose da dire e ho paura di essere un po’ troppo polemica.
Nessuna promessa.
Ah, se passate  da queste parti per il Girls Talk Comics il progetto è ripartito questo mese con il titolo della collana Aiken della Bao Publishing Bon no Kuni, ma ne riparleremo a fine mese.

 


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8 pensieri su “Murderbot la macchina assassina come noi. Sarcastica e asociale.

    • Ehi! Il blog è andato un po’ perduto causa vita reale. Tra lavoro e una specializzazione sono stata sommersa e sono ancora un po’ in balia delle “onde”. Lo scorso anno ho letto pochissimo, quest’anno sembra andare un po’ meglio ma ancora non riesco ad avere la concentrazione/la voglia per mettermi giù scrivere più di due righe su goodreads o fare un (raro) post su Instagram.

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